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“chomp!”
tavola #416: chomp!

storyboard

clicca per espandere ==== vignetta #1
Seraphim: Non posso crederci.
Seraphim: Largo ha fatto un'osservazione acuta.
Boo: Squiik.
==== vignetta #2
Seraphim: Ecco, tieni d'occhio i maiali volanti mentre faccio due chiacchere con Piro.
Boo: Squiik.
==== vignetta #3
Belphegor: Miao…
Seraphim: Cos?
==== vignetta #4
Seraphim: Oh!!
==== vignetta #6
Seraphim: Povero micetto! Sei ferito? Stai male??
Seraphim: Sei stato attaccato da un cane? Sei depresso?
==== vignetta #7
Seraphim: Sei… sei affamato?

console

<lapo>

“debiti da pagare”

mercoledì 2005-02-02

Scherzo, ovviamente, non ho debiti con nessuno e con niente, niente di serio almeno!

Però ci sono quei piccoli debiti morali con sé stessi, cose che ci si è ripromessi di fare e che poi, inesorabilmente, ci si sente un po' in colpa a non fare.
Nonostante, magari, facendolo si tolga tempo ad altro e ci si senta quidni ancora più in colpa.

Ma basta inutili sensi di colpa veniamo al sodo, perché è proprio “il sodo” quello che conta ed è proprio quello che, una volta fatto e finito dà soddisfazioni che ben superano gli eventuali inutili e residui sensi di colpa:

Jappilas l'elfo

Questo è il frutto del mio saltuario lavoro degli ultimi giorni. Molto saltuario, dato che come molti di voi sapranno sono in tesi (il lavoro è quesi finito! ora devo solo scriverla, come se fosse poco! e fare gli ultimi due esami…).

Personalmente, sono soddisfatto di aver aiutato un amico e sono anche molto soddisfatto del risultato che ne è venuto fuori. Spero che piaccia anche a voi!

La gravità non esiste.

<Kn03>

“Racconto”

giovedì 2005-02-03

<<Padre Alex si stava massaggiando le lunghe gambe dolenti, rilassando un poco la corda del saio e distendendosi sul morbido quanto scomodo letto della sua cella, dopo le molte fatiche che l'avevano scosso in quei giorni.
Il caso non gli aveva dato un attimo di tregua. In tre settimane, indagine dopo indagine, analisi dopo analisi, non era riuscito a scoprire nulla che potesse contribuire a migliorare la disastrata condizione di Joshua Peters.
Il povero diavolo, è proprio il caso di dirlo, probabilmente non aveva nemmeno idea di cosa gli stesse succedendo, gli spasmi provocati dagli attacchi lo riducevano a una larva biascicante, urlante e sbavante che si contorceva sulle lenzuola pulite di un letto di rovere scuro, appena intaccato dall'odore di naftalina che invadeva la sua camera da letto.
Non c'era modo per tirarlo fuori da quello stato una volta che ci era entrato, per un'ora circa la sua mente si confinava in quello spazio di follia in cui tutto crolla su stesso, lasciando solo rigurgiti e suoni sconnessi ad informare la realtà circostante di ciò che stava accadendo.
Già un un dottore e uno psichiatra avevano trattato il caso Peters, non era proprio uno sconosciuto, e la gente, dopo i primi due mesi di inutili sedute, aveva cominciato a vociferare.
Si sa come cominciano queste cose: la vicina di casa di settantaquattro anni, nella sua casettina di legno col praticello a fronte e l'erba tagliata corta, aveva udito anni e anni prima di un caso simile: di un tale che era stato ricoverato in preda ad attacchi isterici ed a spasmi. Inspiegabilmente resisteva a ogni cura che gli veniva somministrata, incredibilmente reagiva a ogni calmante con nuova energia e riferiva alle infermiere di volersi impossessare dei loro corpi e di volerne fare le proprie schiave o cose simili.
Insomma, la vecchina riferiva la storia al vicino e tempo una settimana tutti nel quartiere erano convinti che il povero tale era un'indemoniato.
Ma non padre Alex...
Era un logico, sebbene un prete, e quindi offuscato dalla visione che la chiesa aveva in questi frangenti.
Gli era stato chiesto dal Vescovo di andare a indagare il caso, dopo che i due dottori che si erano occupati del signor Peters avevano necessariamente perso le speranze.
Padre Alex aveva risposto che si, avrebbe accettato di esaminare l'uomo e ancora che avrebbe informato il vescovo di ogni novità rilevante che fosse emersa dall'analisi, poi se ne era andato chinando il capo in segno di rispetto.
Presumeva che sarebbe stato semplice, un caso che non richiedeva nemmeno un'indagine particolarmente accurata o un'azione decisiva, il più delle volte il malato usciva dalla propria psicosi dopo le prime tre o quattro sedute, e quello sembrava proprio rientrare nella norma.
Ma ancora, dopo tre settimane, non era emerso nulla, gli attacchi si ripetevano, e Padre Alex continuava imperterrito a porre domande infuocate a ciò che si trovava presumibilmente dentro il povero Peters, ottenendo in risposta grugniti e solo una volta una parola di senso compiuto: "Neeruul" ammesso che non fosse anch'essa solo un rumore vacuo.

Pioveva fuori dalla finestra nella sua cella, le nubi coprivano il cielo con un manto che sembrava una calda coperta ma dal cui ventre scaturivano saette blu e viola che di tanto in tanto illuminavano l'interno dello spoglio alloggio.
Fu immediatamente dopo una di queste saette, e il conseguente tuono, che il Padre si mise a sedere di colpo sul suo giaciglio osservando con espressione attonita una figura scura addossata all'angolo opposto, in ombra, della cella.
Il silenzio era opprimente, pesante, denso.

Ci volle qualche secondo prima che Padre Alex trovasse la forza di parlare :"Chi... chi siete?"
Attese qualche secondo per rispondere, poi una voce profonda si levò dall'angolo, la figura rimanendo perfettamente ferma :"Non ti ricordi di me. Alexander?"
Al suono di quella voce Padre Alex si riprese un poco dalla sorpresa ma un nuovo timore si fece strada nelle sue viscere, più inquietante, che oscurava ogni altra sua sensazione o emozione. La presenza di quella figura nella stanza concentrava tutta la sua attenzione.
"Marcus... No.. non ti avevo riconosciuto, cosa ci fai qui, a... a quest'ora?"
Riprese la voce cupa:"Il caso Peters non è più tuo."
A quelle parole Padre Alex si risentì un poco, forse che il Vescovo non lo riteneva all'altezza: "Ma.. ma aspetta, il vescovo ha detto questo? Non è possibile, io... io sto facendo il possibile, è un caso difficile, non è semplice trattare con qualcuno che non collabora, lo sai anche tu..."
Venne interrotto, o forse si interruppe da solo, quando la voce ricominciò con calma:"Per questo hanno chiamato me. Ci vediamo."
La figura, ora visibile, mentre si alzava per apprestarsi ad uscire, mostrava un uomo dalla statura elevata e costituzione impressionante, sicuramente temprata da anni di duro allenamento, indossava un giubbotto di pelle nera sotto il quale apparentemente vestiva solo una canotta, anch'essa nera, la sua voce era adatta al colore della sua pelle scura e il suo volto serio unito al tono perentorio facevano capire che la conversazione era giunta al termine.
Padre Alex provò a trattenere l'uomo con qualche parola supplichevole, si rammaricava di non aver svolto al meglio il suo lavoro, prometteva che lo avrebbe fatto se gli avessero dato ancora una possibilità...
Nulla, se ne era già andato, silenzioso com'era venuto.

La sensazione opprimente che aveva provato, mentre quell'uomo era presente nella sua cella, si dileguò con un lampo e Padre Alex cominciò mentalmente a ripercorrere tutte le tappe che lo avevano portato a incontrarsi con lui.
Del caso Peters non seppe più nulla, per quello che poteva supporre era stato risolto, ma il Come?... era una domanda che già molte volte aveva preferito non porsi.>>

Se vi è piaciuto, non piaciuto o cmq ne pensate qualcosa scrivete a knoe@megatokyo.it, sarei molto grato di ricevere qualunque parere siate in grado di darmi.

Ah, Lapo, anche questo fa parte di ciò di cui ti ho parlato :D